
di Paolo Cirino Pomicino. Lo sforzo di Carlo Calenda che ha redatto un manifesto per l’Europa che vorremmo va apprezzato ed incoraggiato.Calenda coglie alcune esigenze politiche smarrite da tempo perché travolte dalla frantumazione dei partiti, prima fra tutte la ricerca di un minimo comune denominatore in grado di riavvolgere, per quanto possibile, quel magma informe in cui ballano protagonisti senza storia e senza futuro ma che sanno pur sempre far male al paese nel tempo presente come vediamo ogni giorno sotto i nostri occhi. L’Europa con le sue difficoltà e circondata com’è dalla danza di guerra dei nuovi nazionalismi portatori di divisioni e di scontri, è il terreno primo per recuperare quel minimo comune denominatore capace ad un tempo di salvare la grande intuizione politica dei nostri padri e dall’altro di offrire un respiro riformatore da tempo soffocato nelle spire di una quotidianità opprimente. Calenda non ha fatto un documento politico per fondare un nuovo partito perché nel caso specifico il suo manifesto non sarebbe all’altezza del respiro strategico che un partito dovrebbe avere per mobilitare le masse e ne è talmente consapevole che chiude il suo manifesto prevedendo che gli eventuali eletti si collocheranno nelle diverse forze politiche nel nuovo parlamento di Strasburgo. Una onestà intellettuale, dunque, che merita rispetto in un mondo di nani dove ciascuno pensa di aver trovato il Santo Gral per guidare un intero paese e, chissà, forse anche un intero continente. Calenda circoscrive il suo manifesto nel perimetro della Unione Europea e della zona euro sottolineando in maniera esplicita come ciascun paese membro della Unione sarebbe un fuscello al vento una volta che l’Unione si disgregasse e facile preda di influenze nefaste da parte dei tre imperialismi esistenti oggi nel mondo, quello americano, quello russo e quello cinese.
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