L’Arabia saudita si prepara a un futuro senza petrolio





Il governo saudita ha approvato il Saudi 2030 Vision, un piano di riforme mirato a diversificare l’economia del Regno del Golfo rendendola meno dipendente dai profitti derivati dalle esportazioni di petrolio. Il programma prevede un aumento degli investimenti nel settore minerario: uranio principalmente, di cui l’Arabia Saudita detiene il 6% delle riserve mondiali, ma anche oro, zinco e fosfati. In cantiere ci sono poi interventi per potenziare la produzione e la vendita di armi, iniziative per incentivare l’occupazione delle donne e agevolazioni nell’assegnazione dei visti di lavoro per arabi e musulmani stranieri. Il punto centrale del piano, focalizzato in un’intervista al canale saudita Al-Arabiya dal vice principe ereditario e ministro della Difesa Mohammed bin Salman, è la trasformazione del gigante petrolifero di Stato Saudi Aramco (capitale di oltre 2mila miliardi di dollari) in una holding, la vendita di circa il 5% delle sue azioni e la costituzione di un fondo sovrano da 2mila miliardi di dollari. È da questo passaggio che prenderà avvio il nuovo corso economico saudita che, a detta del vice principe, permetterà al Paese di “vivere senza petrolio entro il 2020”.Sulla carta, i numeri potrebbero dare ragione a Mohammed bin Salman, il quale ha sottolineato che la sola vendita dell’1% di Aramco permetterebbe a Riad di lanciare la più grande IPO (Offerta pubblica iniziale al mondo) della storia, superiore a quelle che hanno anticipato le quotazioni in borsa di Facebook e Alibaba.Il Fondo Monetario Internazionale ha definito il piano saudita “uno sforzo ambizioso di vasta portata”, mettendo però in evidenza gli ostacoli a cui andrà incontro l’Arabia Saudita nel breve e soprattutto nel medio-lungo periodo. Le entrate del Paese continuano infatti a dipendere per oltre il 70% dalle esportazioni petrolifere nonostante il prezzo del greggio stia continuando a scendere

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Pubblicato il: 29 Aprile 2016

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