
Più che alla tradizione del bue che dà del cornuto all’asino (anzi al bue), la campagna contro le fake news lanciata dal noto spara-balle Matteo Renzi fa venire in mente un brevissimo film dei fratelli Lumière, L’arroseur arrosé (L’innaffiatore innaffiato). O una frase di Carmelo Bene in Un Amleto di meno: “È bello al minatore saltare in aria della sua stessa mina!”. L’altro giorno, sullo scandalo Etruria, il noto bufalaro pensava di aver chiuso la partita grazie alla testimonianza del procuratore di Arezzo alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, esattamente come quest’estate si illudeva di aver liquidato l’altra affaire che gli leva il sonno, Consip, grazie all’audizione del procuratore di Modena Lucia Musti al Csm.Purtroppo per lui, nel breve volgere di un paio di giorni, si è scoperto che entrambi i casi sono più aperti che mai. Su Consip, mentre Renzi e i suoi cari strillavano al golpe militar-giudiziario, bastò leggere il verbale della Musti per scoprire che mai la pm aveva detto ciò che i renziani e i giornaloni al seguito le avevano attribuito: e cioè che il capitano Scafarto e il colonnello Ultimo del Noe l’avevano sollecitata a colpire Renzi con la frase “Lei se vuole ha una bomba in mano e può farla esplodere. Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi”.La prima parte della presunta frase sarebbe di Ultimo, datata 2015 e riferita a un filone dell’indagine Cpl Concordia (estraneo a Renzi) passato a Modena. La seconda sarebbe invece di Scafarto, risalente al 2016 e riguardante l’inchiesta Consip, a cui l’ufficiale stava lavorando per i pm di Napoli e in cui emergevano i nomi di Renzi, babbo Tiziano e altri del Giglio Magico
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