Contessa





Aspettavo, francamente, già da qualche tempo le dimissioni da assessore alla cultura dell’illustre avvocato Donà delle Rose,  personaggio dal corposo curriculo, che mi son sempre rifiutato di chiamare “contessa” – come pure facevano con evidente piaggeria i suoi antichi sodali e satelliti – sia per rispetto del dettato costituzionale che non riconosce i cosiddetti titoli nobiliari, sia perché quell’appellativo mi evocava fastidiosi ricordi sessantotteschi legati a una famosa canzone del tempo. Le attendevo, dicevo, non già per i motivi, chiaramente pretestuosi, che l’avvocato accampa – la stanza fredda, il dirigente non collaborativo, il sindaco sordo “all’intenzion dell’arte“, ecc. – ma perché m’ero reso conto quasi subito, nelle poche occasioni nelle quali ho avuto la ventura di incontrarla, che, tra le tante che ella possiede, mancava all’egregio consulente prima, assessore a pieno titolo poi, una qualità che è fondamentale in un amministratore, una qualità che, al modo di Guicciardini, chiamerò “discrezione”.

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Pubblicato il: 24 Febbraio 2020

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